Il film che ho scelto è poco conosciuto in Italia, forse perché distribuito da una casa produttrice indipendente, la Insceal (in Italia distribuito da Officine Ubu).
An Cailín Ciúin (titolo originale) è il film d’esordio del regista Colm Bairéad, selezionato per il prestigioso 72° Festival Internazionale del Cinema di Berlino.
The Quiet Girl è ambientato nell’Irlanda del 1981 ed è la trasposizione del breve racconto Forster di Claire Keegan.
Di questo film colpiscono la complessità e la delicatezza, la sua capacità di far sentire, e quasi toccare, le emozioni di Cáit, bambina di nove anni molto silenziosa e nel contempo molto comunicativa.
Una bambina capace di scuotere e creare sussulti attraverso i suoi silenzi, i suoi luoghi, la sua goffaggine. Cáit sembra non avere un posto nel mondo, eccetto nel suo luogo segreto, dove si rifugia e dove forse viaggia con l’immaginazione, come ci mostra la scena iniziale, con lei nascosta nell’erba alta, dove nessuno la vede, dove nessuno la trova.
Effettivamente nessuno vede Cáit, anche quando non si nasconde, anche quando cerca di parlare, arrivando a scegliere, come difesa, il silenzio.
I genitori, persone impoverite non solo economicamente, mal sopportano il suo atteggiamento, non comprendono i suoi sguardi e agiscono una distanza, un allontanamento della figlia presso lontani parenti, di cui conoscono ben poco.
Qui Cáit scoprirà la curiosità, l’affetto, la cura, il senso di comunità. Grazie a questo incontro Cáit rifiorirà, perché inizierà a essere vista e raggiunta là dove si trova. Inizierà a esistere per la prima volta.
Dove ci sono adulti competenti, pronti a rispondere e a riparare, esistono bambini che possono desiderare e porre domande che verranno finalmente accolte. Come ben sappiamo certi incontri della vita aprono le porte alla speranza.
Questo è un film che racconta con raffinatezza l’effetto della trascuratezza e la forza del legame, della relazione capace di recuperare il senso del vivere.
Recensione di Barbara Friia